per Daniele Del Giudice.

quando ho sentito parlare di Daniele Del Giudice per la prima volta erano Ernesto Franco e Massimo Cacciari a raccontarlo, in un video su Facebook. era il quattordici di aprile scorso: ricordo la data perché avevo scritto un messaggio al mio fidanzato, col quale condivido ogni scoperta felice. insomma, guardavo questa diretta registrata di un festival a cui Cacciari e Franco avevano preso parte per raccontare il loro amico Daniele. ma Del Giudice non c’era, si parlava di lui in terza persona e al passato. quando ho finito di seguire l’intervista ho pensato: è morto. e ho pianto, perché di lui si dicevano cose straordinarie, e a me sembrava assurdo che un uomo tanto intelligente, acuto, sensibile – così giovane, soprattutto, fosse morto già, mentre io imparavo a conoscerlo. che scema. fatto sta che ho pensato questo: che grande ingiustizia. poi ho letto questo pezzo di Stefano Bartezzaghi su doppiozero, https://www.doppiozero.com/materiali/daniele-racconti-e-silenzio,

‘Ora Daniele è da tanti anni dentro a un silenzio che non ha scelto. Prima di esserne sommerso ha fatto in tempo a cogliere, e patire, la degenerazione che è intervenuta nel dibattito italiano – che pure tanto elevato non è stato davvero quasi mai. La si imputa alla scarsa preparazione di noi che siamo venuti dopo, e ancor più a quelli che sono arrivati dopo di noi: ma è una mossa convenzionale. Il tono del discorso culturale, specie di quello polemico, è invece ampiamente dato dai coetanei di Daniele e occorre resistere alla tentazione di pensare che la sua sia stata una ritrazione volontaria da una cultura e da una letteratura che derogava oramai regolarmente dai propri minimi canoni di decenza. No, lui certamente sarebbe andato avanti volentieri.
Per quanto poi riguarda la qualità dei suoi scritti, sono tutti lì e basta leggerli. Scrittori così non nascono a ogni stagione.’

non capivo. pensai all’Alzheimer, sì, certo, ma una parte di me prese a respingere quell’ipotesi, sebbene articoli e testimonianze volessero convincermi di un’altra verità. perché? non lo so, son qui che me lo chiedo ancora. immaginavo Del Giudice come un monaco eremita, solo in qualche sperduto angolo di mondo, ma vivo, lucido e ancora scrivente. questa teoria ingenua e infantile è stata corroborata, poi, dalla lettura di Atlante occidentale, romanzo della mia maturità, romanzo-amore, sull’imparare e sul crescere, sul vedere e sul sentire. uno così deve scrivere ancora, uno così continua a scrivere, io lo so - questo pensavo. l’ho pensato anche mentre parlavo di lui il giorno del mio esame di maturità, di fronte alla commissione, e piangevo tanto da non riuscire a leggere gli stralci di Atlante occidentale e di In questa luce che avevo scelto.
ho pianto leggendo queste frasi qui, che non smetteranno mai di commuovermi,

«Credevo che non sarei mai arrivato in tempo».
«C’è ancora qualche minuto».
«Ho sentito la radio».
«Anche per te ci sono novità».
«È una giornata di molte novità, per me e per te».
«Bene».
«E adesso?»
«Adesso dovrebbe cominciare una storia nuova».
«E questa?»
«Questa è finita».
«Finita finita?»
«Finita finita».
«La scriverà qualcuno?»
«Non so, penso di no. L’importante non era scriverla, l’importante era provarne un sentimento».

per molto tempo ho tenuto davanti agli occhi questo scambio di battute. è il dialogo conclusivo del libro: non riuscivo a capirlo. poi, la sera prima dell’inizio degli esami, in un pub, di fronte a una birra rossa, lilluminazione: la chiave era tutta lì, nell’ultima parola, ‘sentimento’. Atlante occidentale è un romanzo che racconta con grazia, esattezza e maestria un doppio esperimento: esperimento del vedere e del sentire. ‘sentire empatico’, così l’ho chiamato, quella mattina, un ‘sentire comune’ che ci permette di riconoscerci comunità, insieme – ‘finalmente fragili’, ha scritto in un saggio contenuto nel libro ‘In questa luce’. mi sembra una cosa bellissima. e mi sembrava ancora più bella quel 21 giugno alle tredici perché parlava di me, della mia esperienza di studentessa. ‘adesso dovrebbe cominciare una storia nuova’, piangevo, una storia di novità, e ‘questa storia’, la storia del mio quinquennio liceale, finiva lì. ed era stata, in un certo senso, soprattutto negli ultimi due anni, puro sentire comune.

“Mi piacerebbe condurla fino a quel punto in cui si smette di capire, si smette di immaginare; io vorrei condurla dove si comincia a sentire.” (Dillon Bay, I racconti)

stamattina sono stata sorpresa da una notifica dell’app di Repubblica, ‘morto lo scrittore Daniele Del Giudice, aveva 72 anni, affetto da male incurabile da dieci anni’. a dire il vero l’ho riletta due volte. e ho pianto Del Giudice per la seconda volta, addolorata da uno sgomento che non pensavo di poter provare per una persona così distante da me. ma forse sbaglio qui, in fondo, Del Giudice non è mai stato distante; forse è per questo che voglio ancora stare nelle sue pagine, nel solco delle sue parole piene di luce, rotonde e luminose, parole di poeta della vita, del rispetto per le cose, della condivisione, del comune sentire, dell’amicizia:
“Scrivi una lettera pensando al carattere di chi la riceverà e non vedi i caratteri con cui la scrivi. Tutta la mia vita, tutto il mio lavoro non è stato altro che raccordare le persone agli oggetti, e gli oggetti all’esperienza e ai sentimenti, alla percezione di sé, alle idee. Forse quello che ho inventato fin qui non è altro che una lente speciale, che permette di vedere lo sfondo e la figura nella loro relazione, in pari dignità. Lei da ragazzo sarà stato portato per la matematica, o per le scienze. Io ero portato per le persone. Me ne intendevo per istinto, come un animale”

“Molto presto, – disse Epstein, – mi sono reso conto che avevo un’altra passione oltre alle persone, ed erano gli oggetti. Ero capace di sentire come è fatta una cosa, ero capace di percepire la sua forma in un modo diverso da ciò che normalmente si intende per percepire: io sentivo come si sente il filamento di una lampadina nel vuoto d’aria della sua pera. Mi sembrava che ogni oggetto avesse una sua vita; non solo quella della materia, lavorata in forma, la sua vita era il pensiero che c’era dietro e il comportamento in cui si prolungava. Qualcuno disegnava l’inclinazione di una sedia ed era come se ti aggiustasse le spalle e le braccia, come se ti dicesse: “Siediti cosí”; o aveva scelto la durezza giusta di un interruttore perché potesse essere aperto facilmente, ma non accidentalmente, e ti diceva: “C’è bisogno di tutta questa spinta delle dita?” Bastava che io mi sedessi, o che girassi quell’interruttore e si chiudeva il circuito che andava dal suo pensiero al mio, dai suoi sentimenti ai miei, e benché fossero tutte cose fabbricate in serie, io potevo dimenticarmi di tutte le altre copie, smemorato come nella metempsicosi, e sentire la sua voce che diceva: “Io l’ho pensato e costruito per te, soltanto per te. Non lo vedi? Non per una mano qualsiasi, ma per la tua mano; non per una storia qualsiasi ma per la tua storia che comincia in questo istante, nell’istante stesso in cui tu apprendi come è fatto”. Cosí esisteva una relazione con gli altri, con molti altri, attraverso le cose che ci sono nel proprio tempo, attraverso il fare che non era soltanto fare gli oggetti, ma molto di piú. Si poteva non essere d’accordo, ma c’era una possibilità di amicizia.” (Atlante occidentale)

grazie Daniele Del Giudice, indimenticabile maestro del mio crescere. l’altro ieri ho finito di scrivere il mio piano di studi universitario. ‘È una giornata di molte novità; e adesso?’

‘È un peccato che per me, proprio per me, la luce si stia cambiando in ombra. Sarebbe un peccato per chiunque naturalmente, ma è difficile accettare di essere scelti per certi destini, specie quando mi sveglio cosí di colpo nel cuore della notte, e tutto diventa piú drastico e senza respiro, e perfino una faccenda come la mia che non avrebbe momenti piú drammatici essendo già sul limite ogni ora, tocca una soglia ancora piú scabra, di notte, quando tutto è fuori misura, nel buio, che anticipa il buio nel quale finirò, e in ore come questa faccio già le prove.’ (Il museo di Reims, I racconti)

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