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c'è il mare a milano?

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ieri sera con valeria parrella dicevamo questa cosa del mare, di quanto per noi che al mare ci siamo nati sia rassicurante sapere che lui se ne stia lì, da qualche parte, molto vicino, placido e sorridente. io non vivo a bari, ma dai quattordici anni per me il sabato sera è sinonimo di 'andare in centro', e spesso, molto spesso, passeggiare sul lungomare. e poi sono nata a luglio, nel duemiladue, e ad agosto ero già nella casa dei miei nonni materni, sulla costa abitata dai trulli. da allora, ogni anno sono tornata a bagnarmi in quelle acque lì.  trasferirmi a milano, spatriare, è stato un sacrificio per molti aspetti. ad aprile ne ho scoperto uno sorprendente: il mare mi mancava moltissimo. l'inizio della stagione primaverile è coinciso con l'arrivo caldo torrido e terribile, e uno straordinario profumo d'estate anticipato. non dimenticherò mai, ne sono certa, il momento di grande delusione - forse un po' infantile - in cui mi sono resa conto del fatto che avre

primo gennaio 2022

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ho ricevuto gli auguri più belli della mia vita e sono questi: " divertiti e scrivi." c'è molto altro ma lo tengo nascosto perché con le cose belle si fa così. continuo a pensarci e non riesco a fare nulla, quindi ho detto: scrivo - quando scrivo sono felice, quando scrivo sono io. per la prima volta in questi giorni ho immaginato quello che voglio fare nel futuro con una nettezza e una chiarità che quasi mi fanno paura: voglio scrivere e insegnare, voglio fare la mia parte, voglio fare qualcosa, sento di essere chiamata a farlo. è l'unica certezza che ho, altro non so: la vita accade e accadrà, la giostra non si ferma, la strada è lunga. esplorerò la metropoli con il sorriso e tornerò qui nella giungla perché nessun posto è come casa mia. mi fido dell'orizzonte, come ha scritto chandra candiani (l'ho letta a settembre, credevo di aver capito cosa intendesse ma evidentemente non avevo capito nulla - e ripeto: non ho mai capito niente, non capiamo mai niente

l'irrisolto

mi sono messa a studiare ma fatico un po' e ho capito che mi manca scrivere, vorrei tornare a farlo, tornare a dire. non diari e lamentazioni - è vero, mi lamento spesso - ma altro. avevo un blog, si chiamava: diario di una bambina che voleva diventare ultras. io non so che senso avesse quel nome, so che un giorno, a quattordici anni, mi sono messa su un aereo con mia madre e sono partita, sono atterrata a heathrow, sono diventata un'altra: ero la bambina che voleva diventare ultras. del chelsea. perché abitavo in una casa in cui si tifava molto chelsea. non vado a londra da troppi anni - dal 2019 - il quattro gennaio mi fiondo a fare il passaporto. torno! torno, arrivo. rimarrò bloccata lì? forse, meglio, magari. a sedici anni, due anni dopo la prima (seconda) folgorazione, avevo deciso di andare a studiare a purley, a casa della mia mamma inglese, la signora che mi ospitava. non lo sapeva nessuno, solo mamma e papà, ovviamente. il messaggio è qua, mi ha dato la tachicardia r

diario di una spatriata extra

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voi ch'ascoltate in rime sparse il suono (f. petrarca, rvf 1) io non so se quella in foto fosse la prima neve che abbia visto in vita mia. era il 15 dicembre 2007 - tra una settimana saranno passati quattordici anni. so che è la prima neve che ricordo, perché era bella e morbida e ricopriva dolce il nostro giardino, i miei tulipani. e per il dopo che c'è stato. me lo tatuerò un tulipano. in psicanalisi il tatuaggio vuol dire qualcosa, ci hanno provato a spiegarmelo ma non me lo ricordo: per me significa tenere vicino. ingannare la morte con l'amore. il contorno di un vuoto, credo suonasse più o meno così. forse sbaglio tutto, sbaglio spesso. oggi a milano nevica e io ho temuto a lungo questa giornata, forse un po' inconsciamente. vorrei le pettole ma le pettole non ci sono, e non c'è nemmeno un albero da fare. non sono triste. ci saranno le pettole e ci sarà l'albero, presto, perché le cose belle aspettano, sanno aspettare. mentre cerco gli occhi di quella bamb

il ponte dei morti all’ikea

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 «il ponte dei morti all’Ikea», pare un film comico  this is: diario di una spatriata. una nuova serie in esclusiva solo per voi nel grumo faunistico che mi è capitato di osservare da vicino oggi pomeriggio all’Ikea* (*l’unico Ikea in Puglia, e dunque mistico melting pot di leccesi e baresi), oltre a numerosi individui (di ogni età) ancora da scolarizzare circa il corretto uso della mascherina, ho trovato: - la signorina impanicata che ha perso il quadernetto con misure e nomi di mobili già accuratamente scelti a casa, accompagnata dal compagno, mamma papà e fratello. suddetta signorina ha spedito mamma papà e fratello «dove stanno i divani» alla ricerca del quadernetto perduto (e mai più ritrovato, sigh). ha finto compostezza e serenità, ma sentivo il suo cuore fare crac nonostante il metro di distanza; - i fidanzati che già litigano sul colore delle ante dell’armadio, e poi si dicono (LEI dice a lui, eh!) «decidiamo insieme» (non è forse questo il riassunto delle nostre vite amorose?

per Daniele Del Giudice.

quando ho sentito parlare di Daniele Del Giudice per la prima volta erano Ernesto Franco e Massimo Cacciari a raccontarlo, in un video su Facebook. era il quattordici di aprile scorso: ricordo la data perché avevo scritto un messaggio al mio fidanzato, col quale condivido ogni scoperta felice. insomma, guardavo questa diretta registrata di un festival a cui Cacciari e Franco avevano preso parte per raccontare il loro amico Daniele. ma Del Giudice non c’era, si parlava di lui in terza persona e al passato. quando ho finito di seguire l’intervista ho pensato: è morto. e ho pianto, perché di lui si dicevano cose straordinarie, e a me sembrava assurdo che un uomo tanto intelligente, acuto, sensibile – così giovane, soprattutto, fosse morto già, mentre io imparavo a conoscerlo. che scema. fatto sta che ho pensato questo: che grande ingiustizia. poi ho letto questo pezzo di Stefano Bartezzaghi su doppiozero, https://www.doppiozero.com/materiali/daniele-racconti-e-silenzio , ‘Ora Daniele è d

nodi e fili.

 Ma in realtà la vita è un «intreccio» e quale ingarbugliato intreccio! [...] La trama complessa della realtà (C. E. Gadda, SVP 460) nel gennaio scorso ho letto Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Carlo Emilio Gadda. l’ho accostato allo studio dei Promessi sposi di Manzoni, romanzo che ho odiato con tutte le mie forze durante il secondo anno di liceo, e che si è rivelato fitto di pieghe e risvolti insospettabili e inaspettati quando l’ho affrontato in quinto. il perché di questa rivelazione, in fondo, lo conosco, ma non è questo il punto del ragionamento che vorrei provare ad affrontare. mentre approfondivo perdendomi nei meandri della critica (il mio fidanzato dice sempre: ‘tu leggi, ma poi hai bisogno dei sottotitoli’) ho trovato un saggio di Corrado Bologna, si chiama ‘Il filo della storia. «Tessitura» della trama e «ritmica» del tempo narrativo fra Manzoni e Gadda’. è un pezzo lunghissimo e meraviglioso pieno di letteratura e di vita, di racconto e stupore: credo di averlo